Lo Stabat Mater e la figura di Maria Corredentrice: parole e immagini di una partecipazione alla redenzione
Il problema teologico del titolo Corredentrice per Maria è oggi oggetto di attenzione ufficiale: una recente Nota dottrinale del Dicastero per la Dottrina della Fede ha richiamato cautela circa l'uso del termine e ne ha sconsigliato l'impiego come titolo formale. Questo articolo prende come punto di partenza il testo dell'inno medievale Stabat Mater e mostra come, sul piano linguistico e spirituale, esso offra termini e immagini che possono legittimamente essere letti — con chiarezza teologica e con i necessari limiti — come descrittivi di una cooperazione concreta e drammatica di Maria alla redenzione operata da Cristo.
Contesto storico e dottrinale
Il dibattito su Corredentrice è antico e manifesta tensioni tra devozione popolare, precisione dogmatica e sensibilità ecumenica; la recente presa di posizione della Santa Sede sottolinea che l'uso del titolo può generare confusioni dottrinali e pastorali. Nell'ambito mediatico e nella stampa ecclesiastica la questione è stata ripresa più volte, evidenziando l'importanza di distinguere un titolo formale dall'uso teologico e devozionale nella pietà cristiana.
Lessico e immagini dello Stabat Mater che indicano cooperazione alla passione
Il motivo costante dello Stabat Mater è la presenza della Madre «presso» la croce, che soffre con il Figlio: questa vicinanza non è passiva presenza ma una sofferenza condivisa che si configura come cooperazione morale all'evento redentivo. L'immagine della Madre che «sta» sotto la croce implica un atto libero di adesione e di offerta, una maternalità attiva che corrisponde all'idea di una cooperazione non sostitutiva ma partecipativa, distinta dall'unica opera mediatrice di Cristo. Lo stesso inno presenta Maria come figura che offre se stessa nella comunione del dolore e dell'amore con Cristo; la terminologia dell'offerta e dell'unione oblativa è compatibile con l'idea che la sua cooperazione abbia un senso sacramentale e anamnetico, cioè che renda presente il mistero della redenzione attraverso la sua maternità fedele.
Distinzione teologica essenziale
Ogni lettura che valorizzi la partecipazione mariana deve fondarsi sul primato dell'azione redentrice di Cristo e sulla sua unicità: Maria non è causa principale della salvezza ma cooperatrice subordinata alla grazia e all'opera pasquale del Figlio. Il lessico dello Stabat Mater — presenza, partecipazione, offerta — descrive infatti una relazione di subordinazione alla sola opera di Cristo; parlare di Maria come corredentrice in senso teologico prudente significa riconoscere la sua cooperazione reale senza porla sullo stesso piano ontologico del Redentore.
Valore teologico e pastorale di una lettura del testo
Da un punto di vista teologico, lo Stabat Mater fornisce dati fenomenologici — esperienze di fede, immagini, espressioni liturgiche — attraverso i quali riflettere sulla cooperazione mariana: tali dati vanno interpretati dentro i confini della cristologia e della soteriologia, così da parlare di una partecipazione attiva di Maria al mistero pasquale senza sovrapporre ruoli o causae salutis. Per la pastorale e la pietà popolare, il linguaggio del canto alimenta la devozione e rende comprensibile la partecipazione della Chiesa al mistero della croce; qui il termine corredentrice, pur problematico come titolo ufficiale, può avere valenza descrittiva e formativa purché accompagnato da catechesi che esplicitino l'unicità della mediazione cristologica.
Conclusione
Lo Stabat Mater custodisce un lessico e un
immaginario che esprimono con forza la partecipazione materna di Maria alla
passione di Cristo: presenza sofferta, offerta libera, unione
oblativa. Detti elementi costituiscono termini che, interpretati secondo la
tradizione e con attenzione ai confini dottrinali, possono giustificare la figura della Vergine come
cooperatrice alla salvezza; questa comprensione va però sempre qualificata per
evitare equivoci sulla centralità e unicità della redenzione compiuta da
Cristo. Riconoscere la ricchezza teologica del testo non equivale a legittimare automaticamente il titolo formale «Corredentrice», ma contribuisce ad approfondire il dibattito teologico in vista di un eventuale e futuro riconoscimento dogmatico.
