Esame di Maturità 2026: tutte le novità per studenti e scuole

Il ritorno al nome "Maturità" e alla funzione formativa dell'esame
Dal 2026 l'esame conclusivo delle scuole superiori italiane non si chiamerà più Esame di Stato, ma tornerà a essere ufficialmente indicato come "Esame di Maturità".
Secondo il Giuseppe Valditara, ministro dell'Istruzione e del Merito, la modifica serve a «restituire valore a un passaggio decisivo del percorso formativo» degli studenti, puntando su merito, impegno e responsabilità.
In questo senso, la riforma non è solo terminologica: l'esame viene ridefinito come momento conclusivo che valuta non solo conoscenze tecniche, ma anche maturazione personale, competenze e comportamento.
Le due prove scritte: conferma della struttura, ma qualche cambio di calendario
La struttura dell'esame prevede ancora due prove scritte:
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la prima prova scritta di italiano, fissata per giovedì 18 giugno 2026 alle ore 8:30.
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la seconda prova scritta (materia di indirizzo) prevista per venerdì 19 giugno 2026.
Non ci sono grandi sorprese nella sostanza delle prove scritte, ma la novità del cambio di giorno rispetto al passato (mercoledì) segna un piccolo segnale di cambiamento.
Il colloquio orale: al centro dell'esame e con nuove regole
La vera rivoluzione riguarda il colloquio orale. Ecco i punti principali:
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Il colloquio diventa obbligatorio per tutti i candidati: chi rifiuterà volontariamente o resterà in silenzio sarà automaticamente bocciato.
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Durante il colloquio si discuterà di quattro materie individuate annualmente dal decreto ministeriale di gennaio, scelte tra le discipline caratterizzanti l'indirizzo di studio.
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Vi sarà un'attenzione specifica alle competenze di educazione civica, alle esperienze di formazione scuola-lavoro (ex "PCTO") e alle attività extrascolastiche meritorie.
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Scompare il "documento scelto dalla commissione" all'avvio del colloquio, che negli ultimi anni era stato introdotto come primo stimolo di discussione.
Voto di condotta, comportamento e punteggio finale: responsabilità in primo piano
Un'altra importante innovazione riguarda il voto di condotta e il comportamento:
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Per essere ammessi all'esame sarà necessario avere almeno il 6 di condotta nel triennio finale.
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Un voto minimo inferiore comporterà l'impossibilità di partecipare all'esame.
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Per accedere al punteggio massimo finale sarà richiesto almeno un 9 di condotta.
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La commissione può attribuire un bonus di fino a 3 punti supplementari al punteggio finale per candidature che abbiano raggiunto punteggi elevati e abbiano avuto attività meritevoli.
Commissioni più snelle e cambi di indirizzo semplificati
La riforma introduce anche modifiche organizzative utili per scuole e istituti:
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Le commissioni d'esame passeranno da 7 a 5 membri: un presidente, due commissari esterni e due interni. Wired Italia+1
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Gli studenti che cambiano indirizzo entro il primo biennio (entro il 31 gennaio) non dovranno sostenere più un esame integrativo; per i cambi dall'anno successivo (dal terzo anno in poi) è previsto comunque un esame integrativo unico.
Implicazioni per studenti, docenti e scuole
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Per gli studenti: diventa ancora più importante il percorso triennale, non solo studiato ma vissuto, con attenzione alla condotta, alle esperienze extrascolastiche e alla formazione civica. Il colloquio orale non potrà più essere "saltato" o sottovalutato.
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Per i docenti e le scuole: cresce la responsabilità nel rendere significativo il percorso formativo, non solo nel proporre contenuti ma anche nel valorizzare competenze, esperienze e partecipazione attiva degli studenti. Le scuole dovranno preparare gli studenti al colloquio su quattro materie e orientare meglio la formazione scuola-lavoro.
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Per il sistema nel suo insieme: la riforma punta a dare una nuova "serietà" all'esame finale, nel tentativo di rafforzare la fiducia nel diploma, migliorare la qualità del processo formativo e scoraggiare comportamenti di protesta che snaturano la funzione educativa dell'esame.
Non mancano però le resistenze e le criticità:
Alcuni operatori del settore sottolineano che la riforma rischia di diventare un provvedimento "punitivo" piuttosto che un'opportunità educativa, se non verranno accompagnati strumenti e risorse adeguate.
Gli studenti più fragili o con percorsi formativi irregolari potrebbero trovarsi in difficoltà, soprattutto laddove la condotta o le esperienze extrascolastiche influiranno sul punteggio finale.
Rimane il tema della coerenza: cambiare il "nome" dell'esame e alcune modalità può essere utile, ma se non ci sarà un adeguato investimento sulle scuole, sulle risorse e sulla valorizzazione delle competenze, il rischio è di intervenire solo sulla forma senza incidere davvero sulla sostanza.
