Chi è il “Grande Prelato”? Cosa è successo all’incontro del Piccolo Resto a Monza?

Durante un recente incontro svoltosi a Monza con i membri del movimento noto come Piccolo Resto, il sacerdote siciliano Don Alessandro Minutella è stato proclamato "Grande Prelato". La dichiarazione è avvenuta in un contesto di preghiera e riflessione che ha riunito fedeli provenienti da diverse parti d'Italia.
Il termine Grande Prelato fa riferimento, in alcuni ambienti spirituali, a una figura profetica legata a interpretazioni escatologiche della storia della Chiesa. Minutella, che da anni conduce un cammino di predicazione autonoma rispetto alle strutture ufficiali ecclesiastiche, ha presentato questo passaggio come un riconoscimento del proprio ruolo all'interno di quella che definisce una "resistenza cattolica".
La notizia ha generato reazioni diverse anche all'interno dell'ambiente cattolico, tra chi la interpreta come un gesto simbolico di guida per una comunità alternativa e chi invece solleva interrogativi sull'effettiva legittimità ecclesiale di tale designazione.
Minutella, sospeso a divinis nel 2018, continua a mantenere un seguito tra fedeli e simpatizzanti attraverso messe trasmesse online, conferenze e momenti di preghiera che uniscono riferimenti alla tradizione cattolica e letture profetiche degli eventi contemporanei.
Dal punto di vista teologico e canonico, non sono previsti riconoscimenti ufficiali per titoli come "Grande Prelato" al di fuori delle nomine rilasciate dalla Santa Sede. Tuttavia, alcuni gruppi legati alla spiritualità apocalittica o alla devozione mariana attribuiscono a questa figura un ruolo spirituale importante nei tempi odierni.
L'evento di Monza si inserisce così in una dinamica complessa che coinvolge riflessioni su autorità, profezia, fedeltà ecclesiale e forme di spiritualità emergente in un'epoca di trasformazioni culturali e religiose.
Analisi del fenomeno: autorità, verità e carisma...
Il problema dell'autorità autoattribuita
La Chiesa ha sempre distinto tra autorità legittima e autorità carismatica. Secondo Max Weber, il carisma può fondare un'autorità alternativa, ma solo se riconosciuto da una comunità. Tuttavia, quando il carisma si trasforma in autoinvestitura, si rischia il cortocircuito tra soggettività e verità. Minutella, proclamandosi "Grande Prelato", si pone come fonte di legittimità in sé, senza riconoscimento da parte della Chiesa istituzionale.
Verità e discernimento
La filosofia della religione, da Agostino a Kierkegaard, ci insegna che la verità religiosa non può essere ridotta a affermazione personale. Il rischio è quello di una deriva gnostica, in cui la verità è accessibile solo a pochi "illuminati" e non più condivisa nella comunità ecclesiale.
Il culto della personalità
L'autoidentificazione con una figura profetica attesa (il "Grande Prelato") può essere letta come una forma di auto-messianismo, che richiama le dinamiche del leader carismatico che si pone al di sopra delle istituzioni e delle regole comuni. Questo è problematico in ogni contesto comunitario, ma ancor più in ambito ecclesiale.
…ecclesiologia, profezia e scisma
Ecclesiologia e successione apostolica
La Chiesa cattolica riconosce l'autorità attraverso la successione apostolica e il riconoscimento del Papa e dei vescovi in comunione con lui. Un'autoproclamazione come "Grande Prelato" al di fuori di questa struttura è, teologicamente parlando, priva di fondamento sacramentale e rischia di configurarsi come scisma.
Il ruolo della profezia nella Chiesa
La profezia autentica, secondo il Magistero, non si impone con titoli o potere, ma si manifesta nella fedeltà al Vangelo, nella comunione ecclesiale e nel discernimento comunitario. Le apparizioni private o le rivelazioni personali non possono mai sostituire la Rivelazione pubblica né fondare nuove gerarchie.
Il rischio dell'eresia apocalittica
L'uso di linguaggi apocalittici e la costruzione di una narrazione salvifica alternativa (con tanto di "Piccolo Resto" e "falsa Chiesa") richiama dinamiche settarie. La teologia cattolica mette in guardia da queste derive, che spesso sfociano in una teologia della rottura piuttosto che della continuità.
L'evento di Monza si inserisce così in una dinamica complessa che coinvolge riflessioni su autorità, profezia, fedeltà ecclesiale e forme di spiritualità emergente in un'epoca di trasformazioni culturali e religiose.